Racconto scritto dall'amico Stefano "Mr Wolf" e tratto dal sito "UK Football Please" che lo pubblicò nel lontano marzo 2008. Ringraziamo Stefano e Max!
Antefatto - “Ti andrebbe di scrivere qualcosa per la fanzine?”, chiede Max.
“Volentieri - aderisco con ingenuo entusiasmo (come sempre quando si tratta di calcio inglese), inconsapevole del trappolone in cui sto per cadere - ho giusto pronti dei pezzi (con resoconti anche fotografici) su Arsenal, Aston Villa, Fulham, Q.P.R., Norwich, Ipswich, Forest, Northampton, Hartlepool. Hai solo l’imbarazzo della scelta, insomma. Cosa preferisci?” chiedo - sicuro di offrire un “campionario” idoneo a soddisfare anche un “cliente” così esigente.
“Non abbiamo mai parlato del Lancashire”.
“I beg your pardon?”
“Lancashire. Un minimo di inquadramento di storia e geografia, e poi via con le squadre, il derby, cose così. Tutto chiaro?”.
“Sì, signore”.
“Ah, E andiamo in tipografia entro la settimana”.
Come direbbe Jeeves: “molto bene, signore”.
Lancashire – E così, come il sottofondo di Paolo Conte (“smettila Max, la tua lucidità non semplifica, Max”) eccomi a parlare del Lancashire, regione del Nord Ovest dell’Inghilterra secondo alcuni (e sale alle labbra il nome di Max) sottovalutata; in realtà può essere considerata molto interessante, sempre che vi piacciano la nebbia e le brughiere desolate. Lancashire significa contea di Lancaster, un nome che è passato alla storia per la guerra delle due rose combattuta tra le case di Lancaster (simboleggiata dalla rosa rossa), e la casa di York (simboleggiata dalla rosa bianca) che nel XV secolo si disputarono il diritto alla successione al trono d’Inghilterra. Il Lancashire ha poi subìto una grave deminutio nel 1974, quando i territori di Sud Est, compresa Liverpool, vennero incorporati nella Merseyside, e i territori di Sud Ovest, compreso il borough di Manchester, nella Greater Manchester. Il cambiamento di confini ha impoverito anche calcisticamente la contea, che ha perso le squadre di Manchester, le squadre di Liverpool, e il Bolton. Restano a difendere l’onore della rosa rossa nelle competizioni calcistiche Blackburn Rovers, Preston North End, Burnley, Blackpool, Oldham e altre squadre minori. Ma una delle principali rivalità è tra Blackburn Rovers e Preston North End. A dirlo oggi può sembrare strano, ma proprio queste due squadre sono state tra le prime grandi del calcio inglese. Andiamo allora a conoscerle meglio.
I Rovers - I Blackburn Rovers sono un club glorioso, costituito nel 1875, che nel 1888 fu tra i membri fondatori della English (oggi Premier) League. Solo Aston Villa ed Everton, tra le squadre dell’odierna Premier, possono condividere questo onore. Nella seconda metà del secolo XIX i Rovers (che fin dall’inizio sfoggiano la casacca biancoblù, divisa in due metà, le famose white and blue halves, simile alla vecchia maglia dell’Andrea Doria) possono contare sulle risorse della ricca borghesia cittadina, che prospera grazie all’industria del cotone e fornisce al neonato club sia la classe dirigente disposta ad investirci importanti risorse, sia il bacino di pubblico necessario per sostenerlo ai più alti livelli.
In effetti, dal 1874 al 1881 i Rovers vincono cinque volte la FA Cup, un dominio mai più replicato da nessun’altra squadra. Chiariamo che queste vittorie sono state ottenute senza miracol mostrare dal punto di vista estetico, anzi con un gioco piuttosto ruvido, quello che all’epoca si definiva Corinthians style, più Wimbledon che Manchester United, per intenderci (lo riconosce lo stesso sito ufficiale) . . .
Ponendo fine ad una serie di peregrinazioni (da cui il nome di Rovers, Vagabondi, secondo la versione di Simon Inglis) nel 1890 il club si insedia nello stadio di Ewood Park, che è tuttora la sua casa.
Dopo l’indigestione di trofei del secolo XIX, nei primi trent’anni del Novecento la bacheca si arricchisce di un’altra Coppa d’Inghilterra e di due campionati. Poi però un lungo silenzio (nonostante l’avvento, negli anni’80, di giocatori del calibro di Frank Stapleton, Steve Archibald e Ossie Ardiles) fino a quando, all’inizio degli anni’90, accade quello che Flavio Oreglio definirebbe un “evento catartico”: improvvisamente, infatti, e come dal nulla, sulla cittadina del Lancashire si abbattè la pioggia di sterline del magnate dell’acciaio Jack Walker che, potendo permetterselo (era uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra), decise di non badare a spese per inseguire il sogno romantico di contribuire al ritorno ai vertici della sua squadra del cuore (come dargli torto? Uno spot vivente per il movimento support your local team). Le redini del team vengono affidate a un conduttore sapiente come Kenny Dalglish (già leggenda del Liverpool) e, anno dopo anno, per tre stagioni gradualmente vengono inseriti i nuovi giocatori in grado di elevare il tasso tecnico della squadra. E i risultati arrivano.
L’immediata conquista della Premier League nel 1992, dopo anni di anonimato, significa che il club finalmente può essere parte di ciò che – un secolo prima - aveva contribuito a creare. La prima stagione si conclude con un eccellente quarto posto, la successiva con la piazza d’onore dietro al Manchester United e la terza con l’incredibile vittoria del titolo; un titolo conquistato da una squadra che poteva contare su un solo campione (Alan Shearer), tre eccellenti giocatori (il portiere Tim Flowers, il regista arretrato Tim Sherwood e il raffinato laterale sinistro Graeme Le Saux), nonchè su una serie di efficaci comprimari (come l’altro attacante Chris Sutton, che componeva con Shearer la coppia denominata SAS, come la famosa Special Air Service, e il leggendario difensore scozzese Colin Hendry).
Grazie ad una grande abnegazione tattica e ad un fortissimo team spirit, Kenny Dalglish riuscì a portare i suoi uomini alla vittoria sul Manchester United del grande Cantona in quello che era un duello impari sia dal punto di vista tecnico che estetico (le due squadre erano come la bella e la bestia perchè il Blackburn non aveva infatti mai abbandonato il suo tradizionale “stile” di gioco). Nonostante qualche singolo exploit (come la vittoria in Coppa di Lega nel 2002), i Rovers non sono però più riusciti a ripetere quei fasti e hanno anche conosciuto, nel 1999, l’onta della retrocessione, riscattata con la promozione del 2001, dedicata alla memoria del grande presidente e benefattore, che era mancato proprio all’inizio della stagione. L’ingente patrimonio che Jack Walker ha lasciato per finanziare il club anche negli anni a venire è però servito per mantenere saldamente un piccolo club come i Rovers in Premier, e questo è comunque un risultato straordinario. L’attuale squadra di Mark Hughes, con alcuni ottimi giocatori come Bentley (inspiegabilmente sacrificato dall’esterofilia dell’Arsenal), Samba, Pedersen, Santa Cruz, Derbyshire e altri ha tutte le carte in regola per conquistare la zona UEFA e portare nuovamente le famose white and blue halves in giro per l’Europa. A sottolineare il legame con il territorio, i Rovers hanno adottato un magnifico stemma con la rosa rossa del Lancashire e hanno fatto proprio il motto (latino) della città “arte et labore”, cioè (potremmo tradurre liberamente) con il talento e il sudore anche se, come abbiamo detto, la storia (sia della città manufatturiera che della squadra) ha visto una netta prevalenza del secondo elemento.
North End – Preston è la capitale del Lancashire, anche se capitale suona troppo altisonante per una cittadina di 130 mila abitanti. Il nome pare derivi da priests town, la città dei preti, coniato quando la zona era dominata da un’importante priorato, e infatti il coat of arms cittadino è a sfondo religioso e rappresenta un agnello che porta una croce. Ed è lo stesso stemma della squadra di calcio del Preston North End.
Se i Rovers hanno la stessa maglia che fu dell’Andrea Doria, il North End (come viene comunemente chiamato) può invece essere considerato il Genoa d’Inghilterra. Sia perchè, come il Genoa in Italia, ha vinto il primo campionato mai disputato, nel lontano 1889, sia perchè lo splendido stadio di Deepdale (l’unico stadio in tutta la storia del PNE) presenta molte similitudini con quello di Marassi, con le torri dei riflettori incorporate al tetto della struttura, sia perchè il club calcistico deriva (come il Genoa) da un antico club di cricket (risalente al 1863). Nel 1877, non potendo più far fronte alle ingenti spese richieste da uno sport così elitario, il club si volse al rugby che però abbandonò un anno dopo non potendo competere con i Grasshopers che all’epoca dettavano legge sul territorio per quanto riguardava la palla ovale. Il North End si dedicò quindi finalmente al football, e una sconfitta per 10-0 con i vicini Rovers nel 1881 non fu sufficiente a convincerli che . . . avevano sbagliato ancora una volta sport!
E per fortuna, aggiungiamo, perchè la squadra era in procinto di scrivere alcune tra le più belle pagine della storia del footie. Il merito va ascritto ad un pioniere come William Sudell, padrone di una manifattura che, una volta divenuto presidente del North End, ebbe la geniale intuizione di potenziare la squadra importando tattiche e giocatori (come il potente centromediano degli Hearts N. J. Ross) dalla vicina Scozia, dove il movimento calcistico era – all’epoca - più avanzato, al punto che esportava il know-how tecnico e tattico indipensabile per chi voleva cimentarsi con il nuovo gioco.
Parallelamente, Sudell condusse un importante lavoro diplomatico per convincere la Football Association, che fino a quel momento era votata al dilettantismo e aveva squalificato il North End accusandolo (e con piena ragione) di retribuire i giocatori, a legalizzare il professionismo. Dopo aver vinto anche questa battaglia, Sudell riuscì a creare la chimica giusta per dare forma ad una squadra quasi imbattibile, non a caso soprannominata The Invincibles qualche anno prima (ok, 118 anni prima) che lo stesso soprannome fosse riservato all’Arsenal: imbattuti nella stagione 1885-1886 (record battuto solo dall’Arsenal nel 2003-04), 42 vittorie consecutive nel 1887-88 (con il disappunto, a bitter disappointment, di perdere la finale di FA Cup col West Bromwich Albion), e soprattutto la vittoria del primo campionato della storia, nel 1888-89 (subito bissato la stagione successiva) in un anno trionfale che vide anche la vittoria della FA Cup (senza nemmeno un gol concesso agli aversari) a completare quello che fu anche il primo, storico, double.
Risale alla stagione 1888-89 anche l’adozione delle maglie bianche, per la squadra che per questo motivo fu soprannominata i Lilywhites (gigli), e che fino ad allora aveva giocato con completi a strisce bianchi e blù sa orizzontali che verticali (either hooped or striped, dice l’autorevole Bob Bickerton). Se ci siamo intrattenuti sugli early years, è perchè quelli successivi non hanno riservato molte soddisfazioni ai Lilywhites, che sono stati la classica squadra yo-yo, sempre sù e giù tra la First e la Second Division (non dimentichiamo che stiamo parlando di un’epoca in cui men were men, footballers were footballers, and First Division was First Division . . . ) senza peraltro negarsi qualche soddisfazione, come la vittoria in FA Cup nel 1938 contro l’Huddersfield Town, ottenuta grazie ad un gol all’ultimo minuto dell’extra time (il primo gol su calcio di rigore mai realizzato nel mitico tempio di Wembley).
In effetti, la legalizzazione del professionismo si rivelò un’arma a doppio taglio perchè finì per rinforzare anche (e soprattutto) le concorrenti, mettendo il North End in ombra. Gli anni successivi regalano in effetti due amarezze, la sconfitta in finale di FA Cup ancora col WBA nel 1954 e il secondo posto nel campionato 1952-1953 per un solo gol di differenza reti rispetto all’Arsenal. Risalgono agli anni ’50 e ’60 i più forti giocatori della storia del North End che ha reso loro omaggio immortalandone lodevolmente il ritratto su tre delle quattro tribune dello stadio (al posto dei soliti messaggi pubblicitari): il leggendario portiere Alan Kelly; Tom Finney, il più grande di tutti, il classico ragazzo della porta accanto, passato alla storia for his genius and gentlemanly conduct; e il monumento Billy Shankly, più conosciuto come manager del Liverpool e ancora di più per aver detto che il calcio, in fondo, non è questione di vita o di morte, è molto, ma molto di più! E molto ma molto di più di qualunque altra cosa è per i suoi tifosi anche il North End, nonostante la dura realtà racconti di una squadra che lotta per non retrocedere in Championship dopo avere perso nel 2005 i play off col West Ham.
di Stefano "Mr.Wolf" - da UKFP n° 22 - marzo 2008
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