La sera del 14 febbraio 2014 non
la dimenticherò mai, due anni fa esatti come oggi, una data che mi addolora, ma che resterà per sempre ben
impressa nella mia mente e scolpita nel mio cuore. Emozioni forti, dolore,
immagini che scorrono nella mia testa, voglia di essere là, prendere il primo
aereo ed andare là per essere vicino ad un Popolo intero in un momento così
difficile, in un momento di dolore per me, ma soprattutto per chi ci vive a
Preston, per chi è nato e cresciuto con il suo mito, con la sua leggenda, per
chi lo ha anche conosciuto e per quei pochi che lo hanno addirittura visto
giocare quel campione, quell’uomo che è nel cuore di una città intera, uno dei
suoi simboli più importanti, uno che non morirà mai e che resterà per sempre
vivo nei cuori di ogni tifoso del Preston North End FC, ma anche per ogni
cittadino di Preston.
Quella sera del 14 febbraio, nel
giorno di San Valentino, Tom Finney , 92 anni, ci ha lasciati, Sir Tom, per
tutti noi, “The Preston Plumber”, la Leggenda, uno dei calciatori più forti
nella storia del calcio inglese, certamente il più grande ed il più amato nella
storia del Preston NE.
Lecco, Italia, io ero con mia
moglie Silvia ed una coppia di amici al pub per passare una piacevole serata
davanti ad una bella e gustosa pinta di birra, Preston, Inghilterra, così
lontana, ma così vicina al mio cuore, Sir Tom ci salutava per sempre lasciando
nello sconforto i famigliari, ma anche ogni tifoso del Preston North End, ogni
cittadino di Preston.
Mi sto divertendo, bevo e discuto
con i miei amici, arriva un messaggio sul mio telefono, è Massimiliano,
compagno di tifo, compagno di tanti sabati “virtuali” passati davanti ad un pc,
nonostante la nostra distanza, a seguire le partite del North End; mi allarmo
subito, Massimiliano non è tipo da mandare messaggi per futili motivi… penso a qualche problema
relativo al blog dedicato alla nostra squadra e che insieme gestiamo ed invece
una domanda tanto semplice e breve quanto “lapidaria” ed immediata… “hai saputo
di Sir Tom? L
“… attimi di smarrimento, sapevo che nei giorni scorsi si parlava del fatto che
non stesse bene, penso subito al peggio, i miei amici e mia moglie notano il
mio cambiamento improvviso di umore, non sono più con loro con la testa, subito
mi collego al sito ufficiale , a Facebook ed al forum Pne On Line… i miei
timori vengono confermati, Sir Tom ci ha lasciati, Sir Tom è in cielo, penso
subito a lui, lo immagino lassù a calciare un pallone in mezzo alle nuvole,
magari con i suoi vecchi compagni di squadra, mi sento in colpa, sono in un pub
a ridere ed a scherzare mentre lui soffriva e regalava un ultimo sorriso alla
sua famiglia e, chissà, forse avrà anche ripensato al suo Preston, a quei
giorni di gloria, forse avrà riservato un ultimo pensiero anche alla sua gente,
ai suoi tifosi che tanto lo hanno amato e che continueranno a farlo per sempre.
Rispondo a Massimiliano.. “Senza
parole, RIP” sono momenti tristi, il mio cuore viene invaso dalla malinconia,
dalla sofferenza e dalla consapevolezza che non potrò mai più realizzare il mio
sogno di incontrarlo di persona, ma soprattutto penso a Sir Tom ed alla sua
famiglia, penso ai miei amici tifosi da sempre del PNE, gente cresciuta
leggendo delle gesta di quel campione, ascoltando le storie raccontate dai
propri genitori o dai nonni, persone che hanno avuto il privilegio di vederlo
giocare, il privilegio di conoscerlo e di apprezzarlo anche fuori dal campo.
Sui social network tutti scrivono
frasi dedicate alla memoria di Sir Tom, c’è subito grande partecipazione, tutti
vogliono essere vicini alla Leggenda, ci
facciamo forza a vicenda, ognuno pubblica foto, pensieri, dediche.. io non
voglio scrivere troppo, voglio rispettare il loro dolore, il mio è forte e lo
so perché lo sento invadermi dentro, ma so che per loro, nati e cresciuti a
Preston e tifosi del North End da sempre,
questo grande uomo rappresentava e rappresenterà per sempre qualcosa di
così grande che io, italiano e tifoso soltanto da qualche anno, posso forse
solo immaginare, posso cercare di fare mio, posso provare a sentirlo, ma
probabilmente non lo potrò mai capire veramente.
Sentimenti forti, dolore, ma
anche tanto orgoglio, orgogliosi di essere stati rappresentati da Sir Tom
Finney, orgogliosi di quello che ha fatto per il Club e per la sua città,
orgogliosi che abbia vestito la maglia bianca con l’agnello sul cuore,
orgogliosi di aver avuto nella nostra storia uno dei più grandi calciatori
inglesi di tutti i tempi, un giocatore che ha onorato la maglia del Preston
North End e della Nazionale Inglese sempre, con la sua classe, ma anche con la
sua semplicità, una semplicità che ha conquistato tutti gli amanti del
football, un uomo umile e con un grande cuore.
Penso subito alla sua statua
posta sul piazzale di Deepdale, e vorrei tanto essere là in questo momento, con
poche parole, tanto dolore, ma con un giglio bianco in mano da posare accanto
ai tanti fiori, sciarpe e maglie che i tifosi stanno già portando in massa al
cospetto di quella statua che lo rappresenta, quella statua con la quale tutti
noi abbiamo posato per una foto, una statua che lo raffigura mentre calcia il
pallone sul campo bagnato di Stamford Bridge, ed è così che lo vogliamo
ricordare, per noi lui sarà sempre il nostro numero sette, la nostra Leggenda,
il nostro Campione, il nostro simbolo… un simbolo così puro e semplice, un
uomo, prima che un calciatore, che merita il rispetto di tutti, compreso quello
di alcuni tifosi del Blackpool, e di altre squadre rivali, che hanno voluto
lasciare un loro pensiero affettuoso.
L’istinto è quello di partire,
prendere il primo volo per Preston, ma con così poco anticipo i prezzi sono
elevatissimi, una parte di me vorrebbe dire “e chissenefrega” dei prezzi,
vorrebbe andare a qualsiasi costo, ma purtroppo non ci andrò e me ne pentirò,
resterà per sempre un dolore aggiuntivo per me, sarà sempre un’amarezza, il
giorno dopo il Preston avrebbe giocato in casa e di certo tutto lo stadio
avrebbe tributato a Sir Tom il proprio amore con applausi commossi e sinceri,
ma io non ci sarei stato, così come non ci sarei stato, nei giorni successivi,
al suo funerale, nemmeno a Deepdale a seguire dallo schermo gigante la
cerimonia, nemmeno per le strade di Preston a seguire il corteo che lo avrebbe
poi accompagnato alla Chiesa.
No, io non c’ero. La data dei
funerali è stata annunciata con poco anticipo e non ho potuto prenotare in
tempo un volo, avrei potuto fare la “pazzia” ed andare comunque, all’ultimo
momento, ad ogni costo, ma non l’ho fatto, forse hanno contribuito anche le mie
paure… improvvisare, viaggiare da solo.. ma là di certo non sarei stato solo,
ci sarebbero stati loro, i tifosi del PNE, a farmi sentire uno di loro, a farmi
sentire a casa.
Di sicuro c’ero con il cuore, ma
è troppo facile così, nessuno ora mi potrà togliere dalla mente che avrei
dovuto esserci, avrei dovuto dare il mio personale ultimo saluto a Sir Tom,
avrei dovuto cancellare dubbi e paure e volare a Preston per poterci essere,
per sentirmi vicino a lui, per sentirmi parte di qualcosa difficile da capire,
ma qualcosa di genuino, vero, sincero, forte, qualcosa che unisce una città,
qualcosa che unisce il mondo del football, qualcosa di così doloroso, ma allo
stesso tempo così bello.
Bello, un termine di certo non
adatto alla situazione e ad un qualsiasi lutto, ma mi viene proprio da dire
“bello” perché questo stringersi insieme così fortemente mi ha fatto capire
ancora una volta di più quanto questo grande uomo è stato in grado, e ancora lo
sarà, di unire così tante persone, non si tratta solo di tifo per la stessa
squadra, qui c’è qualcosa di più grande, Sir Tom rappresentava qualcosa di più,
non solo il tifo per una squadra di calcio, non era solo un calciatore per
tutta quella gente, mi dispiace così tanto non averne fatto parte in quel
triste giorno, triste, ma con sentimenti così forti.
Mi dispiace però anche di non
averlo mai potuto conoscere di persona e di aver imparato ad amarlo ed
apprezzarlo così tardi nel corso della mia vita, ma mi è bastato, mi è bastato
“conoscerlo” da lontano attraverso i libri, i racconti e le immagini in bianco
e nero, mi è bastato così poco per amarlo, ma non mi serviva altro.. è grazie
anche a Sir Tom che mi sono avvicinato in modo così forte al Preston NE, la sua
figura, insieme a quella degli Invincibili, mi ha portato con grande trasporto
e quasi con inconsapevolezza a seguire e tifare questo magnifico Club.
Lo devo anche a lui, a lui ed
agli Invincibili, ed ora li immagino in cielo a giocare finalmente insieme, Sir
Tom, i suoi compagni di squadra e gli Invincibili, la storia del Preston North
End, l’orgoglio del Preston North End. Quante volte ho fatto passare immagini e
foto che lo rappresentavano, quante volte ho cercato di immaginarlo giocare a
Deepdale, quante volte ho pensato a quanto sarebbe servito uno come lui nel
calcio di oggi, nel Preston di oggi, ed ora mentre scrivo, qui nella mia
mansarda, guardo un portafoto che ho sulla mia scrivania con un dipinto che lo
raffigura in primo piano e mentre calcia il pallone, e poi più in alto, su una
mensola, guardo la foto di me e della sua statua e quasi mi commuovo e penso a
quei momenti in cui ero là a Deepdale con lui, quanti sogni, quanti sentimenti.
I tifosi hanno dimostrato grande
affetto nei miei confronti, hanno capito il mio stato d’animo e mi hanno
davvero fatto sentire parte di loro, parte di qualcosa di così bello ed
importante che mi hanno fatto commuovere sinceramente con messaggi di stima e
di vicinanza.
Non mi sentivo degno di essere
chiamato “tifoso del Preston North End” perché io non ero là in un giorno
dall’importanza così forte, avrei vissuto emozioni fortissime, dolore,
tristezza, ma anche orgoglio e senso di appartenenza, avrei potuto sfiorare di
persona quello che i tifosi ed i cittadini provano per Sir Tom, quanto si
sentano legati alla loro città ed ai loro simboli.
Però sono stati loro a farmi
sentire a tutti gli effetti un tifoso dei Lilywhites, a farmi capire che
comunque loro mi considerano come loro, un tifoso e basta. Non un italiano che
tifa Preston, non un tifoso “strano”, migliore o peggiore, no, semplicemente un
tifoso, proprio così, proprio come mi sento.
E come loro ho sofferto, ho
pregato e pianto per Sir Tom, ho seguito con grande trasporto le notizie
relative al saluto che ogni tifoso ed ogni cittadino gli ha voluto riservare.
Una dimostrazione di affetto e di
amore vero, una dimostrazione di tutto quello che Sir Tom significava e
continuerà a significare per quella gente, per loro, per noi, per i tifosi del
Preston Ne.
Tanti i messaggi di stima e di
cordoglio da parte del mondo del calcio, commoventi minuti di silenzio su tutti
i campi, cori di rispetto da parte di alcune tifoserie, striscioni, tantissimo
coinvolgimento, incredibile come quest’uomo abbia saputo nel corso della sua
vita farsi amare e rispettare, nessuno lo ha dimenticato, tutti lo hanno voluto
ricordare a proprio modo.
In qualche modo comunque ho
voluto esserci anche se non di persona, ho chiesto a John, un caro amico, di
portare dinnanzi alla statua la sciarpa dei GBS, il Fans Club Italiano del
Preston North End che ho fondato nel 2010, che gli avevo regalato in occasione
del Gentry Day a Londra.
John è stato gentilissimo, ha
rinunciato alla sua sciarpa portandola con piacere a Deepdale, dicendo che era
il posto migliore in cui potesse stare, e mandandomi delle foto che la
immortalavano là insieme a tutte le altre, un gesto importantissimo per me, un
motivo di orgoglio, ma soprattutto un piccolissimo modo per far sentire la mia,
la nostra a nome dei GBS, vicinanza e per sentirmi in parte lì con tutti loro.
Anche io, nel mio piccolo, ho
promesso a me stesso che la prima volta che sarei tornato a Deepdale avrei reso
omaggio a Sir Tom di fronte alla sua statua, ma prima avrei voluto ricordarlo
da solo, intimamente e nel mio cuore,
nel giorno del suo compleanno: il 5 aprile sono infatti andato a Bristol
per il match in trasferta del North End ad Ashton Gate contro il Bristol City.
Al settimo minuto di gioco abbiamo applaudito per ricordare la sua memoria ed
io, dentro di me, ho pensato a lui, mi sono commosso, l’ho salutato, io ci
credo, lui è lassù in cielo e ci sta guardando, ci sente, sente il nostro
applauso, il nostro affetto, il nostro rispetto.
In quell’occasione Keith e
Janice, due amici tifosi del PNE, mi hanno onorato regalandomi oggetti davvero
preziosissimi per me e che mi hanno fatto ancora una volta capire quanto loro
mi considerino un tifoso vero e quanto abbiano capito il mio dolore per non
essere potuto andare a Preston nei giorni seguenti alla morte di Sir Tom.
Tra i regali c’erano giornali,
foto, la sciarpa celebrativa ed anche il libretto utilizzato durante la
cerimonia funebre; il fatto che li abbiano acquistati e conservati
appositamente per portarli a me a Bristol mi ha riempito di gioia e
riconoscenza facendomi davvero sentire
parte di questa grande famiglia.
Mi piace ricordarlo com’era,
semplice e con quel sorriso sincero, buono e che ti dava sicurezza; la
gigantografia del suo volto sulla facciata di Deepdale mi accoglieva ogni volta
che ci andavo ed il suo sguardo rassicurante mi faceva sentire tranquillo e
sereno, di fronte allo stadio c’è un parco, ricordo di quando io e mia moglie
siamo andati a rilassarci ed il suo sguardo lontano mi faceva sentire a casa e
così vicino a lui ed al Preston North End.
Sir Tom non morirà mai nei cuori
di ogni tifoso, la sua Leggenda resterà sempre viva, continueremo ad inneggiare
il suo nome, continueremo a sentirci orgogliosi di averlo avuto nella nostra
squadra, continueremo a chiudere gli occhi ed a sognare le sue giocate, ma
anche il suo sorriso ed il suo volto così dolce e gentile.
Sono tante le immagini che
scorrono nella mia mente quando penso a lui, immagini di quando era un
calciatore del PNE e della Nazionale Inglese, immagini storiche, immagini in
bianco e nero, immagini che restano scolpite nel cuore, immagini anche di vita
normale, perché lui era un ragazzo normale, per niente una “star” come i
giocatori del giorno d’oggi, un ragazzo umile nonostante fosse un calciatore
amato e famoso, sarebbe un esempio da seguire per tanti giovani calciatori i
quali, invece, preferiscono ben altro stile di vita spesso poco professionali.
Immagino un ragazzino che
sognava, giocava a pallone e sognava, giocava a pallone per le strade di
Preston sotto il cielo grigio e la pioggia, giocava a pallone magari con delle
scarpe inadatte, giocava a pallone da solo mentre i suoi coetanei si
divertivano in altri modi, giocava a pallone sperando di diventare un giorno
come i grandi calciatori inglesi dei tempi della sua infanzia;
Erano gli anni del grande e
leggendario Herbert Chapman che prima guidò l’Huddersfield Town a vincere tre
campionati consecutivi tra il 1923 e il 1926 e poi l’Arsenal che vinse con lui
due campionati prima della sua prematura e tragica morte nel 1934; giocatori
come Ted Drake e Cliff Bastin, Dixie Dean e Charlie Buchan, ma anche i
calciatori della squadra della sua città, il Preston North End, che nell’anno
della sua nascita, il 1922, perse la Finale di FA Cup contro l’Huddersfield
Town, stessa sorte nel 1937 quando perse quella stessa Coppa contro il
Sunderland.
Nel 1938 però, quando Tom aveva
sedici anni, il PNE conquistò finalmente la FA CUP sconfiggendo l’Huddersfield
Town per 1-0 grazie ad un gol di George Mutch, di quella squadra facevano parte
anche giocatori leggendari come Bill Shankly e Tom Smith, chissà se anche lui andò a Wembley con la
gente della sua città a sostenere la squadra e quei calciatori eroici che
alzarono al cielo di Londra la Coppa più prestigiosa, una vittoria storica per
il Club.
Tom Finney, quel giovane
idraulico di Preston, sì, Tom Finney, sarebbe diventato una Leggenda, la
Leggenda del Preston North End, ma ancora non lo sapeva.. il suo sogno era
quello di fare il calciatore, sogno comune a tanti ragazzini, ma lui,
quell’idraulico, aveva classe da vendere, era bravo per davvero e suo padre Alf
lo sapeva bene anche se, per sicurezza, aveva voluto che il figlio finisse
l’apprendistato per diventare idraulico… non si sa mai, a quei tempi giocare a
calcio, se mai ci fosse riuscito, non significava necessariamente fama,
successo e ricchezza, non c’erano certezze ed avere la qualifica per poter
svolgere un lavoro “vero” e sicuro restava molto importante.
Alf, però, aveva capito le
potenzialità di quel ragazzino, del suo ragazzo, e sapeva che quello di
diventare calciatore era il sogno di Tom, un sogno destinato a diventare realtà
anche grazie alla sua convinzione, alla fiducia che riponeva nel figlio.
Scrisse una lettera al Club per richiedere
un provino, ma, non ottenendo risposta, riuscì a convincere Will Scott, membro
dello staff tecnico della squadra, durante una chiacchierata al pub davanti,
immagino, ad un’ottima birra; il provino andò benissimo e nel 1938, proprio
nell’anno in cui il Preston North End conquistò la storica FA CUP, Tom esordì
con la squadra giovanile del Preston come dimostrato da un ”Match programme” di
quell’anno che annunciava un incontro tra il Preston North End Juniors “A” e il
Preston North End Juniors “B” nel quale nelle formazioni annunciate figurava
anche il nome di Finney.
Purtroppo però la giovane e
promettente carriera di Tom venne fermata, o meglio rallentata, da un evento
più grande del football, più grande dello sport: la Guerra.
Nel 1939 infatti il football
dovette fermarsi a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale,
l’Inghilterra venne purtroppo colpita dai bombardamenti tedeschi ed i
campionati sarebbero poi ripresi soltanto nel 1946, un lunghissimo periodo
fatto di dolore, paura e sangue, ma anche di grande orgoglio ed unità,
sentimenti che permisero agli Inglesi di scacciare e sconfiggere i nemici.
Ma lo sport, ed il calcio in
particolare, erano anche dei mezzi per cercare di continuare a vivere in modo
quasi normale, se così si può dire, continuando ad appassionarsi a qualcosa,
continuando a sognare, continuando, in qualche modo, se possibile, a divertirsi
nonostante tutto. Il football, quindi, non si fermò completamente e continuò a
dare speranza e voglia di continuare ad andare avanti alla gente comune, alla
gente che soffriva, alla gente che aveva paura, alla gente che con orgoglio e
dignità non voleva arrendersi.
Ed anche il giovane Tom non si
fermò, calciare un pallone, correre palla al piede, correre per raggiungere il
pallone, segnare un gol, tutta poesia se a farlo era uno come lui, una poesia
non necessariamente da vivere su campi di calcio professionistici, lui lo
poteva fare anche per strada o sui campi di provincia, a lui importava
divertirsi con quel pallone ai piedi, a lui importava continuare a seguire quel
sogno giocando, giocando a pallone, non importava dove e con chi, a lui bastava
giocare, gli davano un pallone e lui ci giocava e scriveva poesie con i suoi
dribbling, i suoi gol, le sue giocate.
Fu per tutto questo che in quel
tragico periodo, come già successo durante la Prima Guerra Mondiale, vennero
organizzati in Inghilterra dei campionati e dei tornei regionali non ufficiali.
Nel 1941 il Preston North End
conquistò, per quanto potesse valere in un periodo così tragico, la War Cup e
la Northern Division, quindi addirittura un “double”; di quella squadra faceva parte anche Tom
Finney che il Club aveva messo sotto contratto poco prima che i campionati
ufficiali venissero sospesi.
Nella prima partita di quella “Wartime
season”, nel 1940/41, Finney giocò infatti per il PNE, composto da giocatori
delle giovanili, contro un Liverpool composto da parecchi “Guest Players”, come
si usava fare in quel periodo bellico nel quale calciatori che avevano un
contratto con un Club potevano giocare
occasionalmente e non retribuiti per altre squadre, e due giovani allora
sconosciuti, ma poi destinati a diventare due leggende dei Reds, Bob Paisley e
Billy Liddell.
La partita terminò 3-3 e Finney fu
coinvolto in due dei tre gol impressionando tutti tanto che un un giornale
locale chiamò quella squadra “The Babes” (18 anni prima dei tragicamente famosi
Busby Babes del Manchester United).
La prima partita in casa Finney
non la giocò a Deepdale, che era diventato un centro militare durante il
periodo bellico, ma al vicino Leyland Motors Ground, nella War Cup giocò tutte
le partite segnando anche 4 gol contro Bolton, Tranmere e Manchester City.
Come detto il PNE conquistò
quella Coppa eliminando Bury (6-5), Bolton (6-1), Tranmere Rovers (20-2),
Manchester City (5-1) e Newcastle (2-0) prima di approdare alla Finale di
Wembley contro l’Arsenal che si giocò il 10 maggio 1941 e dove ben 200 tifosi
del PNE, nonostante il difficile periodo, accorsero dalla lontana Preston fino
a Londra.
L’Arsenal schierava, tra gli
altri, Cliff Bastin, un campione già affermato e che dal 1929 giocava e segnava
gol a valanghe per i Gunners contribuendo notevolmente ai grandi successi della
squadra che tra il 1930 e il 1938 conquistò ben cinque Titoli di Campione di
Inghilterra, due FA CUP e cinque Charity Shield, sotto la guida del già citato
Herbert Chapman fino al 1934, anno della sua morte.
Per il giovane Tom era la prima
Finale, la prima partita a Wembley, non era una competizione ufficiale, ma
immagino che l’emozione era comunque tanta così come il senso di responsabilità
verso quella gente che, arrivata Preston, sperava di vedere la propria squadra
trionfare guidata proprio da lui, quel local lad già diventato uno dei
giocatori più importanti dei Lilywhites.
Chissà se per quella Finale arrivò anche papà Alf, chissà, forse
arrivarono amici e parenti, ma molti erano partiti per la guerra, altri non
potevano permettersi il viaggio, erano certamente tempi duri, ma quella partita
poteva dare qualche momento di svago e spensieratezza, ma anche speranza.
Certo, era solo una partita di
calcio, ma chissà cosa può fare il calcio e lo sport in generale, magari da una
semplice vittoria possono nascere vittorie più importanti, può essere lo
slancio per fare qualcosa di importante nella propria vita, può dare entusiasmo
e può far sognare; il compito di Tom e dei suoi compagni era quindi quello di
fare del proprio meglio per dare alla propria gente questa soddisfazione,
aiutarla a continuare a sperare, sperare in un mondo migliore, sperare nel
ritorno dalla guerra dei propri cari, sperare che tutto potesse finire alla
svelta.
La partita terminò 1-1, a quei
tempi non si proseguiva con i tempi supplementari, come invece accade oggi
nelle Finali delle Coppe Inglesi, e quindi le squadre si affrontarono di nuovo
per il replay che si giocò il 31 maggio
1941 all’Ewood Park di Blackburn, città vicina a Preston e quindi facilmente
raggiungibile dai tifosi del North End che accorsero in massa per questa nuova
importante occasione.
Questa volta il Preston vinse con
il risultato di 2-1 grazie ad una doppietta di R. Beattie che portò sul 1-0 il
North End e che regalò la vittoria segnando anche il secondo gol dopo il momentaneo
pareggio dei Gunners, uno dei protagonisti di quel successo fu ovviamente Tom
Finney, uno destinato ad entrare nei cuori di ogni tifoso, uno destinato a fare
la storia.
E così i Lilywhites trionfarono,
non era certo come quando conquistarono qualche anno prima la FA Cup, ma in
questo periodo difficile la vittoria assumeva un’importanza maggiore di quella
che effettivamente aveva, probabilmente non ci furono nemmeno grandi
festeggiamenti per rispettare la tragica situazione di cui l’intero Paese era
vittima, ma certamente c’era soddisfazione e l’impressione che quella squadra e
quel giocatore avrebbero potuto fare grandi cose non appena si sarebbe tornati
a giocare il calcio “vero” negli stadi inglesi.
Chissà quanta soddisfazione anche
per Finney, un ragazzo che voleva emergere e che già stava riuscendo a farsi
conoscere, un ragazzo però che restava umile e consapevole del fatto che in
quei momenti il calcio poteva essere importante, ma non poteva di certo
cancellare o affievolire le sofferenze.
Anche nella Northern Division
Finney si mise in mostra meritandosi più volte gli applausi di Deepdale
formando una coppia d’attacco micidiale con McLaren che segnò una tripletta nel
6-1 al Liverpool nella partita che diede il Titolo al PNE.
Occasionalmente come Guest
Player, Finney giocò con le maglie del Southampton, con il quale esordì nel
dicembre del 1942 al The Dell perdendo per 3-1 contro l’Arsenal, e con quelle
di Bolton e Newcastle, ma il suo cuore era sempre rimasto bianco e navy, lui
era un giocatore del Preston North End e lo sarebbe rimasto per sempre.
Tom Finney rispose anche alla
chiamata alle armi difendendo il proprio Paese combattendo in Egitto e in
Italia, dimostrando anche grande devozione per la sua Nazione e grande senso di
responsabilità, tutte qualità che si sarebbero poi riflesse anche nella
carriera di calciatore, un grande campione pronto a guidare la squadra delle
sua città e del suo Paese con grande umiltà e fedeltà.
La carriera di Finney iniziò
ufficialmente solo all’età di 24 anni quando la Guerra finalmente terminò ed i
campionati ripresero nel 1946, finalmente il football tornò alla normalità, la
guerra era finita, aveva lasciato morte e dolore, ma l’Inghilterra voleva
ripartire con orgoglio e per farlo una piccola parte la poteva avere anche lo
sport che avrebbe riportato i tifosi negli stadi per distrarsi, cercare di
divertirsi dopo tanta sofferenza e di aggregarsi per condividere una passione
così bella e forte.
Tom Finney esordì il 31 agosto
1946 a Deepdale nella prima partita della stagione contro il Leeds United nella
quale il PNE si impose con il risultato di 3-2 e Tom segnò il suo primo gol
ufficiale proprio il giorno del suo esordio e così, dopo lunghi sette anni
senza calcio, i tifosi scoprirono il nuovo talento, colui che poi sarebbe
diventato leggenda, era soltanto l’inizio di una splendida carriera interamente
dedicata alla squadra della sua città e del suo cuore ed alla Nazionale del suo
Paese.
Aveva finalmente realizzato quel
sogno, il sogno della sua infanzia, il sogno della sua giovinezza, il sogno che
era diventato realtà ed ora era lì a calciare un pallone in campi di calcio
professionistici con giocatori che fino a poco tempo prima aveva ammirato, a
Deepdale insieme a Bill Shankly, uno degli eroi del 1938.
Segnare a Deepdale davanti alla
sua gente significava davvero tanto per lui e farlo già nel giorno del suo
esordio ufficiale fu senz’altro una grande soddisfazione, una grande emozione.
Lo immagino lì nel tunnel pronto
ad entrare in campo con la sua maglia bianca ed insieme ai suoi compagni, era
il suo esordio vero, lo stadio era pieno e lui poteva sentirne le voci e
l’entusiasmo, loro si aspettavano tanto da lui, non li voleva deludere, voleva
entrare in campo e vincere per loro, voleva segnare ed andare a raccogliere gli
applausi e ringraziarli, ringraziare quella gente che con lui aveva condiviso
la vita di quella città, nei momenti difficile della guerra, ma anche in tanti
momenti belli, tutti ricordi che gli davano grande emozione, la stessa emozione
che ora aveva lì, in quel tunnel, in piedi ad aspettare che l’arbitro desse
l’ordine di entrare in campo.
Forse per un attimo chiuse gli
occhi, si dimenticò di essere lì, non vedeva i giocatori avversari e si ricordò
di tutte quelle volte che aveva sognato quel momento, di tutte quelle volte che
giocando per strada aveva immaginato di essere proprio a Deepdale vestendo
quella gloriosa maglia bianca, l’unica che amava, l’unica che avrebbe vestito
sempre con orgoglio e rispetto.
Poi quando riaprì gli occhi si
accorse che i suoi compagni ed i suoi rivali stavano correndo attraversando
quel tunnel ed allora anche lui si mise a correre ed in un attimo si ritrovò
a faccia a faccia con Deepdale, con
quella gente, la sua gente, i suoi tifosi, l’emozione salì di colpo, non vedeva
niente, non sentiva niente, solo l’emozione dentro di sé, ma anche tanta voglia
di far bene, tanta determinazione e decisione nel voler dare una grande gioia
ai tifosi, al Preston, alla sua gente, alla sua squadra.
Quando l’arbitrò fischiò l’inizio
del match ogni emozione scomparve, Tom sapeva che doveva solo giocare a pallone
come aveva sempre fatto, come quando giocava per strada o sui campi
provinciali, nei cortili della scuola o sui campi delle squadre giovanili , di
fronte c’erano avversari forti e pronti a tutto, ma lui era pronto, pronto per
combattere, pronto per onorare quella maglia bianca, pronto per rispettare i
tifosi, pronto per farli sognare e divertire, pronto per giocare, segnare e
vincere.
E il gol arrivò per davvero, e la
vittoria arrivò anche grazie a quel suo gol, ma soprattutto grazie alle sue
giocate che illuminarono il cielo di Preston e che fecero sin da quel giorno
sognare i tifosi.
Il gol, l’esultanza composta come
si usava a quei tempi, gli applausi, le acclamazioni, li ringraziò, li salutò,
quelli sugli spalti erano i suoi tifosi, i tifosi del North End, era gente di
Preston, gente come lui, gente che come lui lavorava sodo per guadagnarsi da
vivere, gente che soffriva, ma che sperava e cercava di resistere, di andare
avanti, di non mollare mai.
Tanta gioia, tante emozioni,
tanti sogni realizzati in quel momento, un giusto riconoscimento al grande
lavoro ed al grande impegno attraverso i quali Tom era riuscito ad arrivare
fino a lì, fino a quel giorno, quando esordì a Deepdale e segnò il suo primo gol
ufficiale proprio lì, proprio a casa, proprio davanti a loro, alla sua gente,
alla gente di Preston.
Ma non era certo un punto di
arrivo, era il punto di inizio di qualcosa che sarebbe poi continuato nel corso
degli anni successivi, qualcosa di immenso, una storia d’amore tra un
calciatore e la sua squadra, tra un uomo e la sua città, quel gol, quella
vittoria, rappresentavano solo l’inizio di un rapporto di rispetto ed amore tra
lui e la sua gente, sentimenti che resistono ancora oggi, dopo la sua morte e
che resteranno sempre nei cuori di ognuno di noi.
Finney segnò i suoi primi due gol
in FA Cup in occasione della vittoria per 6-0 sul Barnsley, la competizione più
bella, che il leggendario numero sette del Preston non riuscì mai a vincere,
andandoci però vicinissimo nel 1954 quando il North End perse la Finale contro
il West Ham.
La Fa Cup, quanta storia, quante
leggende, quanto football, quante storie… storie di vittorie, di sconfitte, di
grandi sorprese, di partite magiche e memorabili, di vittorie inaspettate, di
gioie e dolori, delusioni e soddisfazioni, chissà quante volte aveva sognato di
giocarla e magari di alzare al cielo di Wembley quella Coppa magica, non gli
riuscì di realizzare questo sogno, ma verrà comunque sempre ricordato come uno
dei più grandi in assoluto nella storia del calcio inglese, il più grande,
certamente, nella storia del Preston North End, la sua squadra, la squadra
della sua città, la squadra che lo amava e lo amerà per sempre.
La grande carriera di Finney non
comprende infatti successi importanti con il Preston NE, ed anche questo ci fa
capire ancora di più quanto sia stato grande visto che, pur senza riuscire a
portare la propria squadra a grandi trionfi, ha saputo portarla comunque in
alto, sfiorando la conquista della FA Cup nel 1954, ma anche del Campionato
nella stagione 1952/53, ma soprattutto è riuscito a dimostrare il proprio
valore e la propria fedeltà verso di essa ed i suoi tifosi nonostante la
mancanza di vittorie importanti.
Alcuni giocatori vengono
ricordati e sono amati per grandi vittorie ottenute sui campi di calcio, molti
diventano leggende di un Club per aver vinto qualcosa di importante, per aver
fatto parte di una squadra vincente, per aver alzato al cielo una Coppa… non è
così per Sir Tom, lui è amato e rispettato non per le vittorie, ma per quello
che era e rappresentava, per quello che è e rappresenta.
Non gli servivano le vittorie per
entrare nel cuore dei tifosi, non lo ricordiamo solo per i suoi gol, le sue
giocate, le vittorie, o per i trionfi mancati per poco, ma piuttosto per la sua
simpatia, la sua umiltà, il suo senso di appartenenza al Club, il suo essere
sempre così gentile e sincero, sorridente e genuino, pronto a lottare per la
sua squadra e la sua città, pronto a onorare quella maglia e l’agnello sul
cuore, pronto a difendere sempre quei colori, pronto a dare tutto e anche di
più. Lo ricordiamo per l’uomo che era, non soltanto per il campione che era, lo
ricordiamo perché nonostante fosse un calciatore importante e famoso rimase
sempre uno di noi, uno come noi, il nostro simbolo, la nostra guida,
rappresentava Preston ed il Preston in tutta l’Inghilterra, e lo faceva sempre
con onore e rispetto. E’ per tutte queste cose che lo ameremo sempre e non lo
dimenticheremo mai.
Nella stagione 1948/49 arrivò
addirittura una deludente ed inaspettata retrocessione; il PNE terminò
incredibilmente il campionato al penultimo posto in classifica, una stagione
che portò anche al ritiro del
leggendario Bill Shankly che giocò la sua 339° ed ultima partita con il Club il
19 marzo 1949 in occasione del match contro il Sunderland e perso per 1-3 a
Deepdale.
Il ritorno nella massima serie
avvenne alla fine della trionfale stagione 1950/51 nella quale il North End
conquistò il Titolo di Campione della Seconda Divisione soprattutto grazie ai
gol del bomber Charlie Wayman , ma anche alla classe ed alle giocate di Finney,
il vero protagonista di una squadra che negli anni seguenti avrebbe fatto la
storia, o almeno, ci sarebbe andata vicinissima.
Come già accennato, infatti, il
campionato della stagione 1952/53 è passato alla storia come uno dei più
combattuti ed incerti e con un epilogo davvero sfortunato per il Preston North
End che sfiorò la grande impresa
terminando al secondo posto in classifica dopo un testa a testa incredibile e
durato per tutta la stagione con l’Arsenal che vinse il campionato soltanto
grazie ad una media calcolata in base ai gol segnati e subiti a favore rispetto
al PNE, che aveva conquistato lo stesso numero di punti in classifica dei
Gunners, di soli 0.099.
Il 25 aprile 1953 si giocò la
penultima giornata del campionato ed a Deepdale, davanti a 39.537 spettatori, la sfida proprio tra
Preston, secondo in classifica con 50 punti, ed Arsenal che guidava la
classifica con 52 punti.
Dopo quella Finale nel periodo
della Guerra, c’era ancora l’Arsenal nel destino di Tom Finney, ma la partita
di quel giorno era ancora più importante, il North End avrebbe dovuto
assolutamente vincere per raggiungere i rivali in testa alla classifica e
vincere quel campionato sarebbe stato davvero importante, il PNE non vinceva
addirittura dai tempi degli Invincibili, una leggenda che sembrava così lontana
già a quei tempi, sarebbe significato, per quella squadra, entrare di diritto
nella storia del Club, ma ci sarebbe entrata comunque.
Il Preston vinse questo match per
2-0 grazie ai gol proprio di Finney e Wayman e raggiunse clamorosamente, ad una
giornata dal termine del campionato, la vetta della classifica a pari merito
con l'Arsenal a quota 52 punti, tutto si sarebbe quindi dovuto decidere
durante l’ultima giornata.
Sempre Finney, ancora lui,
decisivo e trascinatore, la sua classe e la sua determinazione erano armi che
non tutti potevano avere e lui sapeva fare la differenza con un pallone tra i
piedi, fu uno dei gol più importanti della sua carriera, un gol che diede
speranze ed entusiasmo, battere l’Arsenal in quella partita fu un’impresa
meravigliosa e dimostrò quanto quella squadra avrebbe meritato di conquistare
il Titolo di Campione d’Inghilterra.
Ed ancora Finney fu fondamentale
segnando il gol decisivo per la vittoria del Preston al Baseball Ground contro
il Derby County dove si giocava il match dell’ultima giornata il 29 aprile 1953 .
L'Arsenal giocò invece il 1
maggio 1953 ad Highbury contro il Burnley, sesto in classifica, conoscendo già
il risultato del Preston e sapendo quindi di dovere assolutamente vincere; la
partita iniziò male per i Gunners che dopo soli 3 minuti di gioco erano già in
svantaggio a causa di un autogol di Mercer .
A quel punto il Titolo era nelle
mani del Preston, chissà, probabilmente Tom Finney e compagni ascoltarono alla
radio la cronaca di quel match ed al momento del vantaggio del Burnley
probabilmente esplosero in un grido di gioia, si abbracciarono nella speranza
che l’Arsenal potesse perdere permettendo al PNE di vincere il campionato.
Ma purtroppo la reazione dei
Gunners non si fece attendere e già nel corso del primo tempo ribaltarono il
risultato a proprio favore portandosi addirittura sul 3-1 grazie ai gol di
Forbes, Logie e del solito Lishman, nel secondo tempo il Burnley segnò il gol
del 3-2 che però rimase il risultato finale dando la vittoria all'Arsenal che si
aggiudicò così quel campionato proprio grazie alla media dei gol segnati e
subiti.
Fu una grandissima delusione per
il Pne, fu certamente un brutto modo di perdere, una sconfitta dura da
accettare dopo un campionato così ben giocato e soprattutto dopo la grande
vittoria ottenuta pochi giorni prima proprio nello scontro diretto contro
l’Arsenal che aveva dimostrato che i Lilywhites avrebbero potuto meritare la
conquista del Titolo.
Quella squadra resterà comunque
per sempre nella storia e quello resterà per sempre uno dei migliori campionati
disputati dal Club, da quella squadra composta da grandi campioni, come Baxter,
Docherty, Wayman e Morrison, e guidata da Tom Finney, il più grande di tutti.
Nella stagione successiva, la
1953/54, guidati dal manager Symon, Finney e compagni andarono ancora una volta
vicini all’impresa arrivando alla Finale della FA Cup, purtroppo persa contro
il West Bromwich Albion, un’altra delusione per il PNE, ma anche tanto orgoglio
per essere riusciti ad arrivare fino a Wembley a giocarsi tutto contro una
squadra che in quella stagione si era classificata in seconda posizione in
campionato.
Avrebbe potuto essere
probabilmente la più grande gioia nella carriera di Sir Tom che aveva solo
sfiorato la vittoria del 1938 quando lui, ancora ragazzino, cominciava a
calciare il pallone per quel Club, ma solo nelle rappresentative giovanili.
La corsa verso la Finale di
Wembley iniziò dalla partita vinta al Baseball Ground contro il Derby County
per 0-2 con i gol di Finney e Wayman, nel turno successivo arrivò un’altra
vittoria per 0-2 sul campo ghiacciato del Lincoln City e poi toccò all’
l’Ipswich Town cadere a Deepdale sotto i colpi dei Lilywhites che si imposero
con un netto 6-1, partecipò a quella goleada, ovviamente, anche Finney.
Si giocò poi la partita per il
sesto turno ed il PNE, per avere la meglio del Leicester City, ebbe bisogno
addirittura di due replay: nella prima partita, giocata a Leicester, infatti ,
le squadre pareggiarono 1-1 ed anche il primo replay, che si giocò a Deepdale,
terminò in parità con il risultato di 2-2.
Il secondo replay si giocò sul
campo neutro di Hillsborough, a Sheffield, con il North End che riuscì
finalmente ad avere la meglio sugli avversari vincendo per 3-1.
Sul risultato di 2-1, e quindi
con la partita ancora aperta a qualsiasi risultato, ci pensò proprio Finney a
spezzare finalmente l’equilibrio segnando il gol del definitivo 3-1 che chiuse
il match a favore del North End che raggiunse così la semifinale nella quale
affrontò lo Sheffield Wednesday.
La partita si giocò al Maine Road
di Manchester davanti a 75.213 spettatori e il Preston vinse 2-0 giocando una
partita spettacolare nella quale avrebbe potuto segnare molti più gol con
Finney assoluto protagonista che regalò grandi giocate e gli assist decisivi
per i gol di Wayman e Baxter.
Il PNE aveva così finalmente
raggiunto il sogno di andare a Wembley e dopo la FA CUP vinta dai rivali del
Blackpool nella stagione precedente, il PNE voleva rispondere e Finney, che
vinse il premio di miglior giocatore dell’anno, era attesissimo, quasi come se
dovesse rispondere all’avversario/amico Stanley Mattews, assoluto protagonista
di quella vittoria soprannominata proprio “La Finale di Mattews”.
Il grande giorno del match
arrivò: Sabato 1 maggio 1954, lo stadio era stracolmo, 100.000 presenti, e con la Regina Madre a presenziare, i due
Capitani, Tom Finney per il PNE e Len Millard per il WBA, guidarono le squadre
verso il centrocampo dove incontrarono e strinsero la mano alla Regina Madre
alla quale presentarono ogni membro delle rispettive squadre, il pubblico
cominciò a cantare “Abide with me” con grande partecipazione creando
un’atmosfera davvero favolosa e, dopo la stretta di mano fra i due Capitani,
l’arbitro diede inizio al match.
Posso solo immaginare l’emozione
di Tom in quei momenti, un’emozione che, però, si trasformò in determinazione e
voglia di vincere, vincere per il Preston North End, vincere per i tanti tifosi
arrivati da Preston a Londra con grande entusiasmo e tante speranze, sapeva di
essere al centro dell’attenzione, sapeva che avrebbe dovuto guidare lui i suoi
compagni verso la vittoria.
Il match fu sin dai primi minuti
molto combattuto con entrambe le squadre molto intraprendenti, ma fu il WBA a
passare in vantaggio al 21° minuto di gioco con il bomber Allen che dopo
essersi liberato della marcatura di Cunningham battè Thompson, ma il Pne riuscì
però a reagire immediatamente con il gol di Morrison un minuto più tardi.
Al 51° il North End realizzò il
gol del sorpasso con una bellissima conclusione al volo di Wayman sulla quale
il portiere avversario non potè nulla, ma la gioia dei Lilywhites durò soltanto
dodici minuti dato che al 63° ancora Allen segnò per il WBA grazie ad un calcio
di rigore assegnato a causa di un fallo commesso all’interno della propria area
di rigore da Docherty ai danni di Barlow.
La partita continuò ad essere
avvincente ed equilibrata con entrambe le squadre alla ricerca costante del gol
decisivo, ma le speranze del North End purtroppo terminarono all’87° minuto, a
pochi minuti dal termine dei tempi regolamentari, quando Griffin trovò il gol
del definitivo 3-2 che permise al West Bromwich Albion di conquistare la FA
CUP.
La delusione per i giocatori del
Preston fu davvero grande, per molti questa era la partita della vita,
l’emozione forse condizionò la prestazione di alcuni di loro ed anche di
Finney, il giocatore più talentuoso, non riuscì ad esprimersi al massimo dei
suoi livelli.
Per il Club e per i tifosi quella
giornata fu comunque una festa, il raggiungimento della finale, la partita a
Wembley, furono comunque motivo di soddisfazione ed orgoglio, la squadra aveva
lottato fino alla fine per la vittoria perdendo il match solo a tre minuti dal
termine e questo bastava per renderla meritevole di applausi ed
incoraggiamento.
I tifosi dimostrarono la loro
gratitudine ed il loro affetto nei confronti della squadra accogliendola nel
giorno del suo ritorno a Preston come se avesse vinto il trofeo, i giocatori
vennero accolti ufficialmente in Market Square e poi con un bus scoperto
girarono le vie della città salutando e ringraziando le folle di tifosi accorsi
per salutare i loro eroi.
Nonostante quella sconfitta fu
una stagione comunque molto positiva, al termine della quale Finney venne anche
premiato come Giocatore dell’Anno dalla Football Association.
Le stagioni che seguirono furono
positive ed il Preston NE e Tom Finney furono assoluti protagonisti; nella
stagione 1955/56 il PNE potè contare su
uno straordinario Tom Finney, votato al termine della stagione come Calciatore
dell’Anno dalla “Football Writers’” diventando il primo calciatore a ricevere
il premio per due volte, ottenendo un
fantastico terzo posto in classifica e raggiungendo il 5° Turno di FA Cup.
Fu proprio in questa stagione,
nella partira del 25 agosto 1956 giocata e persa per 1-0 a Stamford Bridge
contro il Chelsea, che Tom Finney calciò quella palla in mezzo ad una pozza
d’acqua in un pomeriggio piovoso a Londra… quel gesto venne immortalato in una
foto diventata storica e trasformata poi addirittura in una statua 48 anni
dopo, il 31 luglio 2004, posta sul piazzale di Deepdale.
Una statua che è diventata un
simbolo per tutti i tifosi del PNE e non solo, una statua che lo raffigura e
che lo fa sembrare sempre lì vicino alla sua gente ed alla sua squadra, proprio
nel suo stadio, una statua diventata purtroppo oggi, dopo la sua morte, un
luogo quasi sacro nel quale ognuno di noi può omaggiare la memoria del
leggendario Sir Tom e semplicemente fermarsi per qualche attimo a ricordarlo,
ad immaginarlo mentre calciava quella palla sul manto erboso e zuppo d’acqua
dello Stamford Bridge.
In campionato il PNE conquistò
gli stessi punti del Tottenham classificatosi secondo soltanto grazie alla
migliore media gol, ed 8 in meno rispetto al grande Manchester United di quei
tempi che si laureò Campione di Inghilterra guidato dal leggendario Matt Busby
e schierando giovani fuoriclasse come Duncan Edwards e Bobby Charlton.
In FA Cup il PNE, guidato
soprattutto dai gol di Finney, arrivò sino al Quinto Turno eliminando lo
Sheffield Wednesday, dopo ben tre sfide,
ed il Bristol Rovers, con anche una doppietta di Finney, prima di venire
eliminato dall’Arsenal che ebbe la meglio dei Lilywhites soltanto dopo il
replay vinto ad Highbury per 2-1, prima dello spettacolare 3-3 a Deepdale
durante il quale Finney realizzò
un’altra doppietta.
La stagione 1957/58 vide ancora
un North End assoluto protagonista che si piazzò al secondo posto in classifica
alle spalle del Wolverhampton Campione, ma quella fu una stagione triste per
tutti e che verrà ricordata per sempre per
la tragedia di Monaco di Baviera nella quale il 6 febbraio 1958 l’areo che
trasportava la squadra del Manchester United di ritorno da una partita giocata
a Belgrado contro la Stella Rossa si schiantò provocando la morte di 23 dei 44
passeggeri tra i quali anche alcuni giovani calciatori di quella squadra che
veniva soprannominata “The Busby Babes”, Geoff Bent, Roger Byrne, Eddie Colman,
Duncan Edwards, Mark Jones, David Pegg, Tommy Taylor, Liam 'Billy' Whelan.
La stagione 1959/60 fu storica:
il PNE si classificò nono e raggiunse il Sesto Turno di FA Cup venendo
eliminato dall’Aston Villa, ma il motivo per cui verrà per sempre ricordata è
che fu l’ultima giocata da Tom Finney che all’età di 38 anni si ritirò dal
football giocando comunque da protagonista laureandosi anche miglior marcatore
stagionale della squadra con 21 gol segnati.
Tom Finney giocò la sua ultima
partita il 30 aprile 1960 a Deepdale contro il Luton Town davanti a 29.781 tifosi
accorsi per salutarlo, il PNE vinse 2-0 grazie ai gol di Smith e Alston, ma il
vero protagonista fu proprio lui che al termine del match ringraziò compagni e
tifosi con un emozionante e commovente discorso di addio attraverso un microfono,
in modo che tutto lo stadio potesse ascoltare le sue parole.
Di certo Tom, pronunciando quelle
parole, pensò a tutti i momenti vissuti con quella squadra, con quei tifosi,
pensò alle vittorie, ma anche alle sconfitte, ma soprattutto all’orgoglio di
aver vissuto anni fantastici vestendo quella maglia bianca con l’Agnello,
simbolo del suo Club e della sua città, sul cuore.
Tanti ricordi, tante emozioni,
tanta commozione per lui, ma anche per i tifosi ed i compagni di squadra che lo
accompagnarono in questa lunga avventura e con il quale ebbero l’onore ed il
piacere di giocare e di condividere tanti bellissimi momenti, sia nella gioia
delle vittoria, sia nella delusione per le sconfitte.
Penso che Tom Finney sia stato un
grande esempio per tutti i suoi compagni di squadra, ma anche per i rivali, un
esempio di sportività, ma anche di impegno, raggiungimento del successo attraverso
il lavoro, attraverso tanti sacrifici, ma anche grazie a grande passione ed
amore verso questo sport e verso la squadra che ha rappresentato per tanti
anni.
Era la fine di una carriera
straordinaria durante la quale Tom Finney giocò per il Preston North End per 14
anni, dal 1946 al 1960 collezionando 472 presenze (sesto giocatore nella storia del
Club per numero di partite giocate) e segnando 210 gol (record assoluto per il
Club), numeri davvero straordinari anche in considerazione del fatto che la sua
carriera ufficiale iniziò tardi, a 24 anni, a causa della Guerra e che questa
statistiche non comprendono le partite disputate durante il periodo bellico.
Ma oltre alle statistiche quello
che conta era l’amore che Finney dimostrò nell’arco di tutta la sua carriera,
ed ancora fino ad oggi nel corso della sua vita, verso il suo Club, rimanendo
sempre fedele al Preston North End, giocando con esso anche in Seconda
Divisione, rinunciando offerte forse migliori e di Club con i quali avrebbe
potuto vincere qualcosa di importante.
La sua figura è rimasta sempre
quella di un vero sportivo, ma anche di un uomo umile, di una persona che ha
guadagnato ciò che ha ottenuto sempre con grande impegno e fatica, un uomo
amato e rispettato da tutti tanto che il 17 febbraio 1998 ricevette per meriti sportivi a Buckingham
Palace a Londra il Titolo di “Sir”, ennesima dimostrazione di quanto di buono
fece nel corso della sua carriera ed anche in seguito.
Oltre a quella del Preston per
Finney ci fu solo un’altra maglia, ed era un’altra maglia bianca, quella della sua
Nazionale, l’Inghilterra, una maglia che indossò sempre con grande onore ed
orgoglio per 76 volte segnando 30 gol tra il 1946 e il 1958, esordendo nel
settembre 1946 al Windsor Park di Belfast in un match che vide l’Inghilterra
battere per 7-2 l’Irlanda del Nortd e nel quale Finney segnò un gol proprio all’esordio,
proprio come fece anche con la maglia del PNE.
Finney giocò i Campionati del
Mondo nel 1950 in Brasile esordendo nella vittoria sul Cile per 2-0, nel 1954
in Svizzera e nel 1958 in Svezia quando nel 2-2 contro l’Unione Sovietica segnò
il suo 29° gol per l’Inghilterra diventando, in quel momento, il miglior
realizzatore nella storia della Nazionale.
Nell’ottobre 1958 segnò il suo
30° ed ultimo gol per l’Inghilterra contro l’Irlanda del Nord, proprio la
Nazionale contro la quale realizzò 12 anni prima il suo primo gol per i Tre
Leoni e, sempre nello stesso mese di quell’anno, giocò a Wembley la sua ultima
partita con la maglia dell’Inghilterra che vinse per 5-0 contro l’Unione
Sovietica grazie anche ad un gol di Nat Lofthouse, giocatore del Bolton, che
realizzò così il suo 30° gol con la Nazionale Inglese, eguagliando quindi in
quel momento il record di Finney.
Il 26 settembre 1960 venne
organizzato a Deepdale un testimonial match per l’addio di Finney al calcio
giocato; si affrontarono una selezione composta da All Stars ed una composta da
giocatori del PNE. Tra le All Stars figuravano campioni del calibro di Bert
Trautman, Jimmy Armfield, Nat Lofthouse, Alex Parker, Wilf Mannion, Billy
Liddell, Bill Shankly, Stan Matthews, Stan Mortensen, Neil Franklin e Billy
Wright, ma l’ospite d’onore, anzi, il padrone di casa, il protagonista fu lui,
Tom Finney, la Leggenda del Preston North End che giocò al fianco di Else,
Cunningham, Walton, Docherty, Dunn, Baxter, Thompson, McIlroy, Douglas,
Mitchell con la sua unica e solita
maglia, la maglia bianca con l’Agnello sul cuore.
Nell’agosto 1963, all’età di 41
anni, venne convinto dal manager della squadra Nordirlandese del Distillery a
giocare una partita con il Club valevole per la Coppa Europea della stagione
1963/64 contro i Campioni in carica del Benfica che si disputò al Windsor Park
di Belfast il 25 settembre 1963 e durante la quale i padroni di casa riuscirono
a fermare i portoghesi in uno spettacolare pareggio per 3-3 nel quale Finney
deliziò il pubblico con grandi giocate. Purtroppo per i nordirlandesi Finney
non giocò la partita di ritorno a Lisbona che li vide sconfitti e quindi
eliminati.
Ma Finney sarebbe per sempre ed inevitabilmente
rimasto legato al Preston North End diventandone anche il Presidente tra il
2007 e il 2008, ma soprattutto restando per sempre la Leggenda del Club, il più
amato ed il più rispettato.
Un legame che mai si dissolverà,
una Leggenda che mai morirà, un calciatore, un uomo che resterà per sempre nel
cuore di ogni tifoso del Preston North End, nel cuore di una città intera, la
sua maglia con quel numero sette resterà per sempre nelle nostre menti, nei nostri
sogni e nei ricordi di chi lo ha potuto vedere per davvero su un campo di
calcio, a Deepdale, a casa sua.
La morte di Sir Tom è stato un
avvenimento per me davvero toccante e triste, ho sentito dentro me stesso tanta
sofferenza, ma anche un certo senso quasi di impotenza, forse per il fatto di
non essere stato capace di andare a rendere omaggio alla sua salma; molti si
sorprendono per questo mio stato d’animo, in fondo, dicono, non si trattava di
un parente, di un amico, era una persona che nemmeno avevo mai conosciuto e mai
incontrato, un giocatore che non avevo mai visto giocare, un giocatore d’altri
tempi.
Non possono capire, lo so, quello
che dicono è vero, forse hanno ragione, ma io so che non è così, non può essere
così per me, perché Sir Tom è entrato nel mio cuore nel giorno stesso in cui ho
“incontrato” il Preston North End, lui mi ha accompagnato in questo percorso
che mi ha portato a diventare un tifoso a tutti gli effetti di questo Club, lui
c’è sempre stato per me, mi è sempre sembrato di conoscerlo ed avevo
l’illusione che un giorno o l’altro lo avrei potuto conoscere di persona. Forse
capiterà per davvero lassù, non è una cosa impossibile per chi ci crede, ed io
ci credo.
La sua presenza costante nelle
mie ricerche alla scoperta della storia del Preston, la sua presenza ogni volta
che sono andato a Deepdale, la sua statua è la prima cosa che ho voluto vedere
la prima volta che ci sono andato, c’era lo stadio, a quei tempi non era ancora
presente la gigantografia del suo volto, c’era lo shop, c’era da andare a
ritirare i tickets per la partita, ma la prima cosa che feci, senza pensarci
troppo, fu quella di andare a vedere per la prima volta con i miei occhi quella
statua.
Quella statua che avevo visto
tante volte in foto, quella statua che significava tutto per me, esattamente
come rappresentava tutto proprio lui, Sir Tom, fu l’emozione più grande per me
poterla vedere e poi guardare, chiudere poi gli occhi, sentire i rumori intorno
a me, ma riuscendo comunque ad immaginarlo calciare quel pallone a Stamford
Bridge nel 1956 in mezzo a quella pozza d’acqua, un’immagine che ogni tifoso
del PNE ha scolpita nel proprio cuore, un simbolo, un’immagine che rappresenta
il costante impegno di quel calciatore che incurante delle condizioni del
terreno si buttava alla conquista del pallone.
L’avrei poi rivista altre volte
quella statua, ma ogni volta ho provato le stesse emozioni, la rivedrò ancora e già so che vivrò sempre delle sensazioni ancora più forti, dei
sentimenti difficili da spiegare e che forse solo chi tifa questa squadra
potrebbe comprendere.
Ci sono finalmente tornato nell'estate 2014 a Preston e sono andato là a Deepdale, là
davanti alla sua statua a vivere quelle sensazioni.
Sensazioni che hanno certamente
vissuto tutte le persone che hanno partecipato ai suoi funerali o che
semplicemente sono venute dinnanzi a questa statua per porgere omaggio, per
lasciare un fiore, una sciarpa, una dedica, un gesto tanto semplice, ma anche
tanto importante.
Ho però la presunzione di pensare
che ho vissuto emozioni diverse, non dico più forti, non oserei mai, ma comunque
differenti perché ho aspettato quel momento da quel 14 febbraio, sei
mesi di attesa, ma il dolore era ed è ancora vivo, ma almeno sono riuscito a
togliermi il peso di non esserci andato. Ha avuto un significato particolare
per me, ci sono andato il venerdi prima del match del sabato quando c'era sarà
pochissima gente, forse nessuno, solo qualche passante ed ho potuto vivere con la
giusta intensità e concentrazione un momento così importante ed intimo, un
momento tutto mio e che ho voluto vivere da solo, nella speranza che magari Tom
abbia potuto ascoltarmi, sentire le mie preghiere ed il rispetto che nutro nei suoi
confronti.
Non è stata una cosa programmata, ma è stato meglio e
giusto così, è stata una cosa spontanea e non pianificata, avrebbe potuto piovere o esserci il sole, non lo potevo sapere so, ma sapevo per certo che c'era e ci sarà sempre una stella nel cielo di Preston
ad illuminarmi e ad assistermi proprio lì sopra alla statua di Sir Tom, la
statua sulla quale ho posato un giglio bianco, un gesto semplice, ma fatto con il
cuore, alla statua davanti alla quale ho detto una preghiera per lui, davanti alla
quale ho chiuso gli occhi pensando a quelle immagini, c'è stata tanta commozione, è scesa forse qualche lacrima dai miei occhi, ma sono stato comunque contento, contento di potergli finalmente tributare il mio saluto
nella certezza che lui adesso è quella stella sopra il cielo di Preston, una
stella che illumina la città e il suo stadio, Deepdale, dove quella stessa
stella illuminò con le sue giocate il nome del Preston North End.
RIP SIR TOM
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